Il 13 febbraio il FUAN, organizzazione giovanile del partito neofascista Fratelli d’Italia, si presenta per un volantinaggio contro il convegno “Fascismo, Colonialismo, Foibe”, organizzato al Campus Luigi Einaudi. Si presenta, come al solito, scortato da un ingente schieramento di polizia in tenuta antisommossa. La reazione degli studenti e delle studentesse è immediata e spontanea, e molte persone si aggiungono alla contestazione con l’obiettivo di allontanare i neofascisti dall’università. A seguito del fermo ingiustificato di un compagno, gli studenti e le studentesse si sono opposti in modo risoluto: la risposta a tale risolutezza si è concretizzata in diverse cariche da parte delle forze dell’ordine. Seguono gli arresti di altre due studentesse: i tre fermati vengono successivamente trasportati al carcere delle Vallette. Nelle ore e nei giorni successivi la mobilitazione continua a riempire gli spazi della città e dell’università: un corteo serale si muove per le vie attorno all’università per poi finire al rettorato occupando il Senato accademico; il giorno successivo viene organizzata una manifestazione che culmina nell’occupazione della Palazzina Einaudi e nella liberazione del locale assegnato dall’ateneo al FUAN; infine, il corteo del sabato che ha portato per le vie della città quanto successo in quei giorni.
Con precisione tempistica, nella giornata del 23 luglio, dopo sei mesi dai fatti avvenuti al Campus Luigi Einaudi, 19 persone tra studenti, studentesse e solidali, sono stati svegliati dalla notifica di misure cautelari (3 arresti domiciliari, 7 divieti di dimora, 9 obblighi di firma). All’interno dell’inchiesta sono in tutto 31 le persone denunciate. Nulla di nuovo sotto il cielo sabaudo dove la memoria si trova ancora una volta a fare i conti con modalità repressive. All’interno di questa cornice, sono doverose quindi alcune considerazioni.
L’Antifascismo e noi
La giornata del 13 febbraio si inserisce certamente in un contesto generale in cui vanno consolidandosi le tendenze neofasciste e i revisionismi fascistoidi, che investono tutto il tessuto della società. L’istituzione universitaria non è da meno. Da anni, infatti, vengono concessi spazi, libera circolazione, rappresentanza e legittimità di propagandare ai fascisti all’interno delle mura dell’università. Una connivenza che si maschera e si nasconde dietro ad una fantomatica “libertà di espressione” e dietro agli scudi e ai manganelli dei caschi blu che sistematicamente si presentano a dar man forte e protezione. Dall’altro lato risulta evidente il processo di criminalizzazione delle istanze e dei valori dell’antifascismo, quest’ultimo tacciato ed etichettato, anch’esso sistematicamente, di violenza. Non si può non constatare questo ribaltamento di valori e di ideali di riferimento delle istituzioni tutte e di quella universitaria in particolare, che ha dimostrato ancora una volta da cha parte si schiera.
Da parte nostra ci preme sottolineare che se le istituzioni permettono ai neofascisti di organizzarsi e di propagandare la loro retorica revisionista, razzista, sessista, xenofoba e omofoba, sta a noi fare in modo che questo non accada, sta a noi prendere fermamente posizione, sta a noi organizzarci attivamente e collettivamente per respingerli dai territori e dagli spazi che quotidianamente viviamo.
L’università oggi
Ci pare evidente che l’università, oggi, non possa che rappresentare lo specchio della società in cui viviamo e le vicende che ruotano attorno alle giornate di mobilitazione di febbraio non fanno che confermare questa prospettiva. Un luogo che incarna e riproduce in maniera sistematica le ingiustizie del mondo circostante: la collaborazione con la questura diviene così prova lampante del tentativo di pacificare l’ambiente universitario e neutralizzare e sterilizzare ogni forma di conflitto e di organizzazione collettiva. Come a dire che l’università deve rimanere un luogo unicamente preposto alla formazione delle risorse umane del domani: non c’è spazio per il dissenso, non c’è spazio per organizzarsi, non c’è spazio per un tentativo di scardinare le ingiuste logiche che innervano tanto lo spazio universitario quanto la società che ci circonda. In questa cornice a farla da padrone è la logica della disciplina e della punizione: dalla militarizzazione di un’intera palazzina per permettere il volantinaggio di neofascisti alla pretesa di Sciretti, presidente Edisu ed esponente della Lega, di “predisporre gli estremi normativi per togliere le borse di studio eventualmente assegnate agli universitari arrestati e denunciati ieri presso il Campus Einaudi durante gli scontri con le forze dell’ordine”. Così la revoca delle borse di studio diventa giocoforza per disciplinare chi alza la testa di fronte ai soprusi della controparte. D’altronde, Sciretti si era già esposto pubblicamente con frasi aberranti quali “ci vorrebbe più scuola Diaz”.
Eppure, la reazione in quelle giornate è stata dirompente e spontanea. Non solo, era palpabile l’esigenza collettiva di rilanciare una serie di iniziative che dessero voce al desiderio di organizzarsi assieme e rispondere con coraggio ed entusiasmo al tentativo di reprimere ogni sorta di conflitto. E così è stato!
Repressione e prevenzione
Le misure cautelari emesse in questi giorni non possono comunque essere viste come un fatto extra-ordinario perché rivolte principalmente al corpo studentesco ma mettono sul piatto ancora una volta la volontà di estirpare dai propri contesti di vita le persone che hanno scelto di lottare e organizzarsi assieme. Sull’onda di questa strategia è stata inoltre posta sotto sequestro l’Aula C1 Autogestita, unico spazio liberato all’interno del Campus Einaudi e luogo di incontro e di organizzazione di dibattiti, conferenze, proiezioni. Ennesimo affronto che palesa il tentativo metodico di disarticolare le lotte, recidere i legami interni a quello spazio sociale e pacificare il più possibile il contesto universitario.
Anche in questo caso vorremmo porre un ulteriore slancio riflessivo: la, oramai consueta, finalità preventiva che queste misure assumono in un periodo specifico come quello attuale. La chiara idea, da un lato, di colpire in un momento in cui la decennale mobilitazione No Tav sembra mostrare aspetti interessanti e i giovani partecipano in modo attivo, dall’altro, vista l’evidente e vergognosa difficoltà che l’università sta attraversando nella gestione dell’anno accademico a seguito del lockdown, la volontà di disinnescare sul nascere qualsiasi tipo di opposizione alle inerti politiche di questi mesi.
Sperando che questi parziali ragionamenti possano orientare un confronto e possano servire per prendere la rincorsa: che sappiano che l’antifascismo non si arresta.
Solidarietà a tuttx coloro colpitx dalle misure repressive!
Comunicato Assemblea dottorat*, precar* e docenti del Campus Luigi Einaudi: https://www.pressenza.com/it/2020/07/assemblea-dottorand-precar-e-docenti-del-cle-sulle-misure-cautelari-agli-studenti-antifascisti/
Comunicato della Comunità Antifascista Torinese: https://www.facebook.com/crepacci.noblogs.org/photos/pb.390595768199555.-2207520000../670546746871121/?type=3&theater